La ruota della sorte

di igniculusdesiderii

Oggi è stata una giornata più sociale del solito. Ho passato 10 ore con persone che conosco solo da un paio di mesi, e ci sono stata bene. Certo, alla fine della giornata avevo un emicrania insopportabile, ma non potevo negare di essere stata bene, con quasi nessuna forzatura da parte mia. Abbiamo condiviso subito tante cose, mentre con le mie più vecchie amicizie sarebbe impossibile, non perché siamo tutti identici, ma perché parliamo, diciamo chiaramente “non mi piace questo” e la conversazione può comunque andare avanti senza che nessuno sia escluso, perché siamo persone inserite nel mondo. Insomma, ho avuto una esperienza para-normale, quasi quasi vicina a quella della gente comune. Mi sono stupita come un’idiota. Allora è possibile anche per me stare bene con qualcuno. Pensare che anche questa esperienza tra un annetto sarà finita e dovrò ricominciare tutto da capo, mi fa sorridere e mi confonde. Ho scoperto il santo Graal, la fregatura di cui nessuno nel mio ambiente parla. Essere sempre in viaggio ti impedisce di costruire una rete di relazioni. Pensa come dev’essere bello, ho pensato, poter dire a un amico “ti conosco da 10 anni”. Una cosa che io non ho mai potuto dire a nessuno, e con una certa probabilità rimarrà una semplice speranza. Eppure certe persone sono così. Stesso posto, stesse persone per tutta la vita. Una prospettiva del genere per me è soffocante, ma ammetto che mi scalderebbe il cuore.

Vedo che le mie più vecchie “amicizie” sono così. Le conosco da 4 anni ormai, non abbiamo mai condiviso molto, come ho già detto, ma vivo con loro da 4 anni, e non è poco. Loro, ormai l’ho capito, resteranno. Non so dove, non so perché e nemmeno quando, ma resteranno. E’ un tratto caratteriale, quello di restare. Non ho mai ben capito che sogni abbiano, ma se ne hanno li stanno sacrificando per restare, senza troppe sofferenze. Desiderare prima di tutto un porto sicuro, una nicchia conosciuta. La quotidianità. Certo non siamo della stessa pasta. Guardo quest’altro mondo in un misto di squallore, desiderio, rimpianto e repulsione. Come Peter Pan che indugia alla finestra di sua madre senza mai voler, poter tornare. Vorrei che l’amore mi cogliesse di sorpresa, mi saltasse addosso e mi avvolgesse prima, prima della paura, prima che mi senta strozzata da tutto e scalpiti per fuggire.

Sapevo che la botta sarebbe arrivata. Ed è arrivata. Tornare a vivere, senza di lei, nei luoghi dove ci siamo viste prima volta, dove ci siamo amate. Un piccolo scrigno di edifici bellissimi e fatiscenti, come una sfera di vetro che ogni tanto ancora scuoto, nel mio cuore, per vedere la neve che cade, le scene riavvolgersi, e l’amore tornare, come un fossile incastrato tra le fessure di queste mura. La vita è dura per chi è solo. Soprattutto se la solitudine non è una condizione, ma un’identità su cui la propria vita si è avvolta, avvinghiata annaspando per la luce, come una pianta d’edera ad una vecchia statua.

Sono anche sicura di averla vista due o tre volte. Almeno, tra le tante macchie nel buio che ho scambiato per lei, due o tre volte erano vere, era proprio lei. E’ arrivata a sistemare le ultime faccende prima di andarsene? So che mi ha vista, che mi guardava quando facevo finta di niente e volgevo il capo altrove, ma non ci siamo parlate. Sappiamo entrambe che la trasformazione è già iniziata: stiamo diventando qualcun altro, stiamo cambiando pelle, e voce e sguardo. Dentro di te ci sarà sempre sepolta la ragazza che ho amato, ma ormai è morta, e sopra c’è cresciuta nuova erba e margherite, fiori di ricordo per lei, fiori di buon viaggio per te. Ieri non è mai oggi. A ciclo continuo.

Nella mia mente: