Mi dispiaccio
Non odio me stesso. “Odio” è un termine senza fondo, pieno di trasporto e poco obiettivo come l’amore. Ecco, mi dispiaccio. I dislike myself. Provo una tiepida disapprovazione per quelle zone grigie della mia personalità che in altri momenti sono la mia fonte di orgoglio.
Sono fatto di dolore. Non perché l’anno scorso o l’altro ieri mi sia capitato qualcosa di brutto in cui ancora sgrufolo convinto che mi renda sublime. No. È la mia materia prima. Ho vissuto esperienze estreme che, rievocate alle due di notte per scherzo davanti a una birra, fanno arricciare la fronte ai miei amici. Ho provato più dolore che ogni altra emozione. E oggi è quello che sono. Posso rinnegare me stesso, oppure posso abbracciare la conoscenza e il coraggio, e quindi il potere, che questo mi dà. Esiste il dolore puro; e poi esiste la paura del dolore, a cui io sono abituato, a cui corro incontro come l’onda che dovevo cavalcare da bambino per non farmi sommergere.
Tuttavia, ogni tanto, mi dispiaccio.
Mi sento impuro. Considero il mio umorismo pesto e il mio cinismo farciti di tenerezza, e la mia impassibilità, anzi la mia sete di argomenti controversi, come se stessi guardando un cadavere mezzo decomposto che per qualche indecenza del caso ancora parla. Mi considerano sexy. Ma quando mai? Ancora oggi da qualche parte provo rancore per quello che mi è successo, ancora oggi giudico me stesso merce avariata e senza speranza. E desidero una innocenza che tuttavia sarebbe stata goduta da qualcun altro, ma non da me – perché l’innocenza funziona così, esiste solo per chi non ce l’ha. Non so perché, ogni tanto, ancora, guardo me stesso con questo crudele occhio estetizzante che vede solo merda laddove c’è invece terreno fertile.
Non so come fermarmi. Dentro di me c’è un bambino che non ha voce. Forse non credo nell’esistenza di quel bambino – forse credo che sia solo un aspetto seduttivo della mia mostruosità, l’aspetto che confonde il prossimo e lo induce a credere che la fragilità sia dolcezza per potersi attaccare agli altri come una sanguisuga e chiedere e chiedere senza fondo – perché i mostri sono soprattutto dolore senza direzione né argini.
Ho paura di star diventando come mio padre.
Ecco il fondo di tutto questo.